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Les Temps ont Changé: du Canadium au Québécium

(I Tempi sono Cambiati: dal Canadio al Quebechio)

Marco Fontania e Mariagrazia Costab

a Dipartimento di Chimica dell’Università di Siena.

b Laboratorio di Ricerca Educativa in Didattica Chimica e Scienze Integrate;

Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze.

 

Le poste del Regno Unito e dei suoi Dominions hanno funzionato con precisione e solerzia ragguardevoli, anche nei tempi andati: Il 23 novembre 1911 Mr. Thomas French riceveva una lettera del padre, Mr. Andrew Gordon French che riportava la data 12 dello stesso mese. Il mittente era nello stato della British Columbia, Canada Occidentale, mentre il destinatario era a migliaia di chilometri di distanza: Glasgow in Scozia. Il testo era il seguente:

Nelson B.C. Nov. 12th, 1911

"You will be pleased and may be surprised to learn that I have discovered and isolated a new metal of the platinum group — a noble metal. I have been following it up since May last. It is a beauty — certainly the whitest and most lustrous of all the white metals. [...] In the mean time I have lodged a specimen and a provisional description in the Royal Bank of Canada here in Nelson to safeguard me against any public anticipation, and show it to three friends, the banker, and my two partners, in some of the igneous dykes which produced it, and later on I purpose to send a specimen to the Royal Society in England formally announcing the discovery. [...] I have named it ‘Canadium’ in honour of the country where it had been found. It occurs along with platinum, palladium, and the other platinum metals in metallic grains and scales in igneous dykes in granite country. [...] It will push out palladium for search light mirrors, as it is more brilliant and easier to work, and it will do well for setting of diamonds, &c., in jewellery."

I particolari pittoreschi di questa scoperta, furono riportati dal quotidiano locale Glasgow Herald il 5 Dicembre 1911 per desiderio di Thomas French, figlio dello scopritore del canadio, il quale mosso da un forte spirito commerciale cercò di salvaguardare e allo stesso tempo di far fruttare la scoperta del padre.

Mr. Andrew Gordon French era un rinomato metallurgista nativo di Glasgow. Prima di lasciare la Scozia oltre una ventina prima dei fatti narrati nella lettera, egli aveva lavorato come orafo e argentiere in numerose fonderie. In seguito acquisì una certa padronanza nell’estrazione e nella lavorazione dei metalli del gruppo del platino.

Fu così che ad Andrew Gordon French parve di aver scoperto un nuovo elemento che chiamò, in onore del Dominion della Corona Britannica, canadium. French ebbe, si può dire, l’effimera soddisfazione di aver trovato un nuovo elemento, nel nuovo giacimento minerario che egli stesso aveva scoperto pochi mesi prima.

La prima stranezza, di questa scoperta, riguarda il fatto che in altri giacimenti simili egli non aveva trovato il canadio. Incongruente se si considera che la rarità di questo elemento (riportata dallo stesso autore) non era davvero così impressionante: da una tonnellata di minerale French ricavò fino a tre once di canadio. Più inquietante fu il fatto che egli asserì di aver trovato il metallo allo stato elementare in grani semi-cristallini o prismi dalla forma allungata (mezzo millimetro di lunghezza per un decimo di millimetro di spessore), dal colore bianco. Altrettanto strana risulta l’affermazione di French di aver trovato, in giacimenti platiniferi, una lega di canadio sotto forma di scaglie. Le particelle metalliche avrebbero avuto un colore intermedio tra il blu e il bianco. Posta una lamina di questa lega alla fiamma, un metallo volatile (che l’autore identificò come osmio) veniva rimosso, lasciando una perla bianco brillante. French non identificò il canadio con nessun altro elemento. Le analisi, a cui French sottopose il materiale da lui scoperto, erano comunque approssimative anche per quei tempi: il canadio era troppo duttile per poter essere scambiato con uno di essi, ed inoltre aveva un punto di fusione incredibilmente basso. French condusse alcuni saggi per via umida e vide che questo non si ossidava anche in presenza di prolungata esposizione all’umidità. Inoltre la fiamma ossidante di un cannello non intaccava il metallo.

Il metallo si scioglieva in acqua regia o in soluzioni nitriche concentrate. Quest’ultime soluzioni non lasciavano alcun precipitato anche dopo l’aggiunta di cloruro di sodio, o di ioduro di potassio. Il metallo non si anneriva né in presenza di solfuro di idrogeno o solfuri alcalini, né per l’azione dello iodio. Citando l’autore:

Its [canadium] melting point is somewhat lower than that of fine gold and silver, and very much lower than that of palladium.

È da notare l’assenza di informazioni, anche qualitative, di questa frase; i punti di fusione dei tre metalli citati sono infatti: 1065, 961 e 1552 °C, troppo distanti tra loro per poter dare un’indicazione sufficiente a risolvere tale enigma. Le ultime misure di French furono di tipo elettrochimico; egli riscontrò per il suo elemento una marcata elettronegatività nei confronti dell’argento in soluzione acida diluita.

Mancano troppi indizi perché sia possibile formulare una qualsiasi ipotesi di errore. Se si osserva una crono-tavola periodica degli elementi sappiamo che nel 1911 mancavano all’appello ancora alcuni elementi: afnio, tecnezio, renio, promezio e astato. Possiamo escludere che French a differenza dei chimici dell’epoca, cercasse elementi radioattivi; era prevalentemente un esperto minerario che andava in cerca di giacimenti platiniferi. La radioattività e gli elementi ad essa legati erano fuori dai suoi orizzonti.

Possiamo escludere che egli stesse cercando un elemento delle terre rare, non tanto perché i minerali contenenti le terre rare sono diversi da quelli dei metalli platiniferi, ma per via del fatto che i lantanidi si trovano sotto forma di terre (ossidi) e non allo stato elementare (per via del fatto che questi metalli reagiscono con l’acqua più o meno energicamente). Saremo tentati di dire che French avesse visto il renio, ma questo elemento ha un punto di fusione ben al di sopra (doppio) del palladio!

Su indicazione dell’editore del Chemical News, French riportò che il canadio poteva essere un elemento non ancora scoperto ed avrebbe occupato, citando le parole dell’autore, uno degli spazi vacanti di ciò che i chimici chiamano Tavola Periodica. Ossia l’eka-manganese (Tc) o il dwi-manganese (Re). Il metallurgista di Glasgow azzardò l’ipotesi secondo la quale questo metallo sarebbe stato l’odierno tecnezio. Potremmo aver avuto alcuni dubbi sulla buona fede della scoperta se French avesse detto che il canadio era l’elemento mancante tra il tungsteno e l’osmio, ma scelse, quello tra il molibdeno e il rutenio: un elemento radioattivo che non ha alcune delle caratteristiche chimiche (e nessuna di quelle fisiche) citate da French e per giunta non è presente in natura nelle quantità da lui riportate.

I dati di French mancano del presunto peso atomico del canadio, nonché della valenza del metallo. Dati indispensabili nel 1911 (assieme ai saggi per via umida) per riconoscere la natura di un nuovo elemento. In mancanza di una sistematica analitica possiamo ipotizzare che French abbia analizzato una lega di metalli già noti ed abbia confuso il cadmio o lo zinco per il nuovo elemento da lui chiamato canadio. Infatti il punto di fusione del cadmio e dello zinco sono molto inferiori a quelli dell’oro e dell’argento, nonché del platino. Inoltre il cadmio forma facilmente leghe con lo zinco a cui si trova associato in natura. La sistematica del cadmio differisce in parte da quella del canadio, ma non poi così tanto da ipotizzare che quello che French vedeva come il bianco luccichio di un nuovo metallo non fosse altro che i riflessi di un metallo del secondo gruppo B. Andrew Gordon French non era un accademico, e ad eccezione dell’unico lavoro sul canadio, non pubblicò nessun’altra ricerca. Tuttavia, tra il 1908 e il 1916, egli depositò sette brevetti (in America, Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Norvegia) che abbracciavano buona parte degli interessi dell’industria chimica dell’epoca: dalla produzione di cloruro di ammonio, all’acido solforico e al solfato di manganese, nonché alla raffinazione dello zinco e del piombo.

L’illusoria scoperta del canadio avvenne lo stesso anno di quella del celtio di Georges Urbain (1872-1938), ma a differenza di quest’ultima la prima fu presto dimenticata.

Proprio nel laboratorio di quest’ultimo, alcuni anni più tardi, si verificò un episodio curioso che riportò indietro la memoria al vecchio canadio...

Verso il 1935 il franco-canadese Léon Lortie (1902-1985) tenne una conferenza relativa al suo lavoro sul cerio che aveva fatto sotto la direzione di Georges Urbain. In quegli anni il laboratorio di Urbain era la mecca dei chimici inorganici; il capo dell’istituto Georges Urbain era l’ultimo cacciatore di elementi ancora in vita; aveva scoperto il neoitterbio (in seguito chiamato itterbio) il lutezio e il celtio (o afnio). La conferenza fu tenuta all’Ècole Polythecnique di Parigi Montréal , in via Saint Denise. Léo Parizeau, che sedeva in prima fila nel vasto auditorio, alla fine del discorso pose una domanda all’oratore:

"Si vous trouviez un élément nouveau, comment l’appelleriez-vous?"

D’accordo con tutto il gruppo di ricerca Léon Lortie rispose: "Canadium!"

Da allora i tempi sono cambiati. Le rivendicazioni della popolazione francofona del Canada sono cresciute. E, il 19 ottobre 1996, al 31° congresso APSQ tenuto a Hull (Canada) presso l’Ècole del l’île, al momento (?) dell’annuncio della scoperta di un nuovo elemento da parte di un québécois, Pierre Demers, non si è più parlato di canadio, ma di quebechio! Prima di narrare "la fantasiosa avventura" intrapresa da Pierre Demers conviene narrare un aneddoto che chiarisce bene l’inversione di tendenza e soprattutto il desiderio di autonomia dei franco-canadesi.

Il 18 Aprile 1997 il quotidiano Washington Post ha chiesto ai propri lettori di creare dei nomi per nuovi elementi della tavola periodica. Alla voce Canadium si legge:

Canadium Eh

Similar to Americium, but a little denser. Much more rigid. Often called Boron. Its heaviest isotope, Quebecium, is easily separated out by shouting the Canadium in bad French.

Pierre Demers dopo una lunga requisitoria, caratterizzata da un marcato orgoglio gallico, sul fatto che tutti i paesi civilizzati del mondo possiedono un elemento che li rappresenta nella tavola periodica ha concluso che l’unico paese ancora orfano di tale onore era il Canada. Va detto per inciso che anche l’Italia manca all’appello così come il tecnologicissimo Giappone, sebbene molti scienziati si siano dati da fare in proposito: il florenzio, l’ausonio, l’esperio, il littorio e il nipponio sono alcuni esempi di ricerche infruttuose. A suo avviso la lista contiene paesi come Russia, America, Francia, Germania, Polonia, India e Samarìa; regioni come la Scandinavia, l’Assia, città come Parigi, Copenaghen, Stoccolma, Berkeley, Dubna; continenti quali, l’Europa e l’America. Il fisico Demers forse ignorava che l’etimologia di due elementi, il samario e l’indio non derivano dalla Samarìa e dall’India, ma il primo dal nome di un ingegnere minerario russo, il colonnello M. Samarski e, il secondo, dal colore delle righe spettrali.

Il nome del nuovo elemento da lui proposto nel 1995-1996 è stato quebechio (québécium) ed il simbolo Qb; il numero atomico 118. Per dovere di cronaca dobbiamo dire tuttavia che la scoperta dell’elemento 118 è stata annunciata a Berkeley dal team dell’americano (?) Victor Ninov (assieme a quella dell’elemento 116), ma ritrattata dallo stesso autore (?) nel 2001.

Chi è Pierre Demers?

Il primo autore conosce il professor Demers tramite una fitta corrispondenza. Pierre Demers ha passato l’ottantina (non si conosce la data di nascita (1914, cf panorama) ma va fatta risalire verso la fine della prima guerra mondiale avendo iniziato le scuole primarie nel 1922 a Parigi). Immatricolato nel 1933 all’Università di Montréal, ottenne nel 1936 la licenziatura in fisica e l’anno seguente in matematica. Nel 1937 si recò con una borsa di studio all’Università di Ithaca e l’anno a seguire all’École Normale Supériore a Parigi, dove entrò in grazie all'amicizia con Léon Lortie. Fino al 1940 lavorò come "aggregato" al Collège de France a Ivry, nel laboratorio di sintesi atomica sotto la direzione di Frédéric Joliot (1900-1958), avendo come colleghi Hans von Halban e Lew Kowarski (1907-1979). Allo scoppio della seconda Guerra Mondiale Demers rientrò in America, onde passare alcuni mesi giorni al Massachussets Intitute of Technology, interessandosi di spettroscopia. Dal 1947 al 1980 è stato professore all’Università di Montréal. Nel 1950 fu per un breve periodo all’Istituto di Fisica dell’Università di Milano come professore a contratto. Con Léon Lortie ed altri nel 1952 si dedicò allo studio della "Carta dell’Università" per il suo Paese natale.

Nel 1975 fondò il Centre Québeécois de la Couleur, di cui è stato per due volte presidente 1975-1982 e dal 1991 ininterrottamente fino ad oggi. Oltre che uomo di scienza Demers è un convinto sostenitore dei diritti degli abitanti francofoni del Québec. Membro dal 1977 del Parti Québécois, dal 1985 ha radicalizzato le sue posizioni passando al Parti Indépendentiste.

Nel 1995 Pierre Demers, prossimo agli ottanta anni, ha continuato ad interessarsi in modo, diremmo noi, sempre più eclettico di scienza. Gli stereotipi e la rigidità della scienza di quest’ultimo secolo, così ben radicate nei membri della comunità scientifica, hanno finito con l’emarginare parzialmente questo professore. Demers assomiglia molto più ad un poliedrico genio rinascimentale quale Leonardo da Vinci (1452-1519), che ad un infaticabile ma metodico, quasi monotono, Augustin Jean Fresnel (1788-1827) il quale non si occupò d’altro che di un unico problema della fisica (peraltro superbamente; ma questi non l’abbandonò fino a che non l’ebbe completamente sviscerato (?) ). Oggigiorno per la Scienza sembra aprirsi uno scenario per certi versi simile al collasso dell’impero romano. La stasi, che precede il declino ed infine il crollo. Parafrasando l’economia dell’Impero Universale con la Scienza globale di oggi si può dire che per la Ricerca sembra aprirsi uno scenario del tutto simile dell’esperimento socialista di Diocleziano, con relativa pianificazione dell’economia, obbligo di seguire solo alcuni filoni di ricerca e ovviamente, la moltiplicazione della burocrazia. Nel primo caso i contadini furono fissati al suolo e costituirono la "servitù della gleba". Operai ed artigiani vennero "congelati" in corporazioni ereditarie. Non è auspicabile che cose simili possano ripetersi nel XXI secolo nella comunità scientifica.

La scienza occidentale respinge fermamente spallate che le vengono rivolte a più ondate dalla così detta "non-scienza": miracoli, prodigi, magia, paranormale, spiritismo, neo-alchimia ed altro ancora. Ciò che la Scienza ufficiale non sembra sapere o non vuol tener conto è che non è condizione sufficiente essere dalla parte della ragione. È il numero, la massa, in certi casi, che fa pendere il piatto della bilancia. Per cui, laddove la scienza delle torri d’avorio e delle multinazionali non getta la propria ombra, attecchisce un’altra forma di indagine dei fenomeni irrisolti che ci circondano: Lo scienziato ortodosso può sorridere e guardare con benigna commiserazione o magnanima rassegnazione quanto essa sia banale e fraudolenta, ma la "non-scienza" è capace di colpire e stimolare l’immaginario di un numero di persone molto maggiore di quelle che la Scienza ufficiale avvicina; persone perlopiù digiune anche dei rudimenti della scienza. Tutto questo la "non-scienza" lo fa senza l’ausilio di strutture altamente tecnologiche e talvolta all’avanguardia come possiedono le Università e i Centri di Ricerca.

Per tornare a Demers, possiamo dire che la Scienza ufficiale dovrebbe interessarsi meno ai colleghi, così detti "deviati". Dovrebbe passare meno tempo ad ostracizzarli e demonizzarli (levandogli sovvenzioni solo perchè si muovono trasversalmente alle idee dell’establishment costituito), ma dovrebbe dedicarsi di più alla divulgazione della scienza. Il caso più noto in Italia è quello di Giorgio Piccardi (1895-1972) le cui ricerche furono osteggiate ripetutamente dal CNR. Se fosse stato ascoltato, forse oggi il suo nome sarebbe associato a quello di Ilya Prigogine (n.1917) e ricordato ogni volta che si parla di fenomeni non riproducibili. Tutto ciò dimostra quanto il medioevo delle idee non sia così lontano, perlomeno in certi atteggiamenti e in certe formae mentis.

Si può dire che Pierre Demers, dopo il l’allontanamento dall’insegnamento per raggiunti limiti di età, abbia vissuto una seconda stagione di produzione intellettuale e scientifica. Ad oltre settanta anni Pierre Demers si occupò di numeri magici per le masse delle particelle elementari. Sempre in quegli anni rivedeva il concetto di tempo come tri-vettore nello spazio e nella vita biologica. Ma non mancò di stupire per i suoi saggi storici su De Gaulle e per gli studi su Pasteur. Nei primi anni novanta apparve il suo tentativo di classificazione delle particelle atomiche, che per analogia e omaggio alla classificazione Mendeleeviana degli elementi, chiamò: Tavola periodica delle particelle elementari. Nel complesso Demers ha scritto quasi 900 pubblicazioni; una vertigine caleidoscopica i suoi interessi. Alcuni di questi scritti furono rifiutati anche da riviste italiane come il Nuovo Cimento. Ma la grinta e la curiosità che hanno mosso e continuano a muovere Pierre Demers sono tipiche di un ricercatore "di razza", non da semplice "vestale della scienza". Le sue pubblicazioni spaziano anche alla politica e alla sociologia, come nel caso dello studio "sull’avvenire del Québec"; Interessanti sono i modelli biomatematici di popolamento del Canada e del Québéc in base all’immigrazione storica, nonché i risultati che ne è riuscito a ricavare.

Alcuni titoli delle sue pubblicazioni sono certamente criptici, agli occhi di un chimico, e tendono a far storcere il naso anche alle persone più benevolmente predisposte: necessità della musicodinamica quantistica; oppure sulla nuova analisi della scala musicale delle particelle elementari. Così strano, ma non certo privo di fascino, ci appare lo studio di un modello biomatematico della periodicità delle nostre percezioni dello spazio, del colore, della musica e della massa.

Demers doveva avere un particolare interesse per la periodicità; sfogliando la lista delle sue pubblicazioni, la ripetizione della parola "periodicità" è impressionante. Il franco-canadese, alla soglia degli ottanta anni, presentò un nuovo modello di tavola periodica in sostituzione di quella di Dmitri Mendeleev (1834-1907). È da notare che dal 1869 sono state proposte molte "tavole"; nuove forme nel tentativo di ordinare tutti gli elementi noti. Bidimensionali: la cui più nota è quella a blocchi; ma ne esistono a spirale ed ellittiche. "Tavole" tridimensionali: elicoidali ed altre ancora.

Nel 1995 tre anni prima che sulle pagine dell’americana Physical Review apparisse la presuntiva scoperta dell’elemento 118, Demers chiamò questo elemento virtuale, quebechio (quebecio). Questo risultò la chiave di volta per la creazione di una nuova tavola periodica degli elementi. Demers si preoccupò anche di poter salvaguardare il nome del suo elemento, poiché nel frattempo Victor Ninov aveva annunciato la scoperta dell’elemento 118, battezzato provvisoriamente ununoctio o ninovio, secondo Demers il nome quebechio sarebbe spettato di diritto anche se il fisico canadese non aveva contribuito in alcun modo alla sua scoperta. Le cose a detta di Demers si sono semplificate quando nell’agosto del 2001 Ninov (?) ha ritrattato la scoperta di questo elemento, a seguito delle confutazioni del francese Jean Péter, che nei laboratori a Ganail non era riuscito ad ottenere gli stessi risultati che Ninov aveva raccolto due anni prima al LBNL in California.

L’ottuagenario scienziato, in risposta ad una lettera in cui venivano elencate le difficoltà oggettive di far accettare universalmente il nome quebechio dalla Commissione IUPAC per la nomenclatura, ha così risposto:

... je note pour l'instant la question de la nomenclature officielle de je ne sais quelle instance anglo-américaine. Mon idée est d'ignorer totalement cette instance, dont l'importance provient d'un culte fétichiste de la langue anglaise et de l'impérialisme américain. Lorsque la connaissance et le nom du québécium sera répandu, il aura sur toute autre appellation une priorité toute naturelle que le monde entier voudra respecter parce qu'il vient d'un petit pays aux grandes espérances.

Il sistema del quebechio è stato esposto come il nuovo sistema periodico dei 118 elementi. Si può rappresentare in 2 dimensioni da 4 griglie quadrate disposte una accanto al lato delle successive che hanno rispettivamente 2, 4, 6 e 8 caselle di lato. In 3 dimensioni il sistema è costituito da un impilamento compatto di 120 sfere, di base triangolare avente 8 sfere dal lato, raffigurante un tetraedro regolare. 2 caselle nella rappresentazione piana e 2 sfere in quella tridimensionale rimangono vuote (qv). Le configurazioni di 4, 20, 56 e 120 sfere corrispondenti al riempimento del primo, secondo, terzo e quarto strato formano ciascuno un tetraedro regolare. Le caselle s, p, d ed f sono 4, formano facilmente i gruppi distinguibili. Il primo strato corrisponde al primo periodo; il secondo strato al 2° e 3° periodo; il terzo strato ai periodi 4° e 5°; infine il quarto strato racchiude i periodi 6° e 7°. È una costruzione interessante e corretta dal punto di vista matematico, ma macchinosa e meno intuitiva della tavola di Mendeleev.

Ad un primo colpo d’occhio, la tavola di Demers ricorda vagamente quattro griglie quadrate di parole crociate a schema libero, di lato via via crescente da sinistra a destra, ed unite tra loro. Il riempimento degli elementi nella tavola periodica secondo Demers non è così semplice né intuitivo ma non è affatto casuale. Non si basa sui gusci atomici o orbitali che furono magistralmente interpretati nella teoria di N. Bohr (1885-1962), ma su tre principi, che Demers stesso ha enunciato. La tavola del quebechio appare a nostro avviso prevalentemente una costruzione geometrica.

Egli riesce a mettere in ordine 118 caselle, ma a differenza della tavola di Mendeleev, le proprietà chimiche non sono contemplate. Mancano gruppi e soprattutto mancano i periodi, di modo che la nuova tavola può esser detta sì, tavole degli elementi, ma perde l’aggettivo più importante per i chimici: "Periodica".

Inoltre, secondo l’autore, la sua creatura apre connubi piuttosto azzardati quali la periodicità degli elementi e la simmetria di ordine 4 delle forze elettromagnetiche. Infine, Demers ha fatto delle analogie tra la sua costruzione tetraedrica della tavola degli elementi e il codice genetico, sostenendo che il sistema del quebechio non sarebbe altro che un profilo del sistema del mondo vivente e ... viceversa! Infine, secondo il parere di Demers le sue nuove "tabelle" a 2 o 3 dimensioni dovrebbero comparire al lato di quella di Mendeleev in attesa di sostituirla.

Rispettiamo il lavoro del professor Demers ma non pensiamo che l’elemento suddetto prenderà in futuro il nome di quebechio. La lotta è impari. La potente IUPAC da un lato e un isolato professore in pensione dall’altro. La scoperta non apporta nuova linfa alla chimica né alla fisica, né alla interpretazione delle proprietà periodiche degli elementi. Cambia solo la grafica.

Pierre Demers è stato accusato di ingenuità. Noi non lo crediamo. È stato un fisico versatile, eclettico che talvolta ha superato i confini invisibili della scienza. La stampa canadese si è divisa tra "innocentisti" e "colpevolisti" come mostra la prima pagina del Journal de Saint-Laurent del 4 maggio 1996.

Dal 1911 ad oggi è passato quasi un secolo; del canadio non v’è più traccia, il quebechio è nella mente di Dio.

Pierre Demers è un quebecois convinto: l’amore per la sua terra, per la lingua e per i costumi francesi trasuda da ogni suo scritto. Sarà certamente per lui una delusione scoprire negli anni che il nome dell’elemento 118 sarà diverso da quello che egli ha proposto. Egli potrà forse consolarsi e riempire il suo cuore di discreto nazionalismo (o meglio identità nazionale) con un evento non lontano. Presto, tramite un nuovo referendum, gli abitanti del Québec si pronunceranno se restare uniti in federazione con il Canada o, tramite l’autodeterminazione, far nascere un nuovo stato indipendente: il Québec. E, ragionando da scienziati più che da politologi, noi crediamo più nella possibilità di un libero stato del Québec piuttosto che l’elemento 118 possa prendere il nome quebechio.

 

Ringraziamenti

Ringraziamo il professor Pierre Demers per aver contribuito alla revisione e per aver autorizzato questa pubblicazione.

 

 

Bibliografia Cartacea ed Elettronica

[1] Chem. News, (1911), 104, 283

[2] Glasgow Herald, 5 Dicembre 1911

[3] Nombres magiques pour les masses des particules élémentaires,

13 pp. 13 appendices. Soumise à INTERFACE de l'ACFAS, sans réponse, version révisée. Le 9 octobre 1990

[4] Le concept de temps trivecteur dans le cosmos et dans la vie, Revue de Biomathématique, 112, 5-12, 4e trimestre 1990

[5] Si de Gaulle l’avait su. (Joliot, l’atome et la Francophonie),

Science et Francophonie, 29, 3-16, 1990

[6] Tableau périodique des particules élémentaires,

5 pp., soumis à Il nuovo Cimento, Note brevi, le 10 juin 1990. Refusé le 10 octobre 1990

[7] Insuffisances de la chromodynamique CDQ et nécessité d'une musicodynamique quantique MDQ,

Communication proposée à l'ACFAS pour son 59e Congrès, Université de Sherbrooke, 21 au 24 mai 1991. Le 23 décembre 1990, refusée le 15 février 1991

[8] Les démons de Maxwell et l’information originelle au Grand Boum,

XIVe congrès international de biomathématique, Paris septembre 1993

[9] Nouvelle analyse de l’échelle musicale des particules élémentaires,

Revue de Biomathématique, 126, 35-45, 2e trimestre 1994

[10] Un modèle biomathématique du peuplement du Canada et du Québec basé sur l'immigration historique. I. Le modèle.

XVe congrès international de biomathématique. Paris, 7, 8, 9 septembre 1995

[11] Un modèle biomathématique des périodicités dans nos perceptions de l'espace, de la couleur, de la musique et de la masse.

XVe congrès international de biomathématique. Paris, 7, 8, 9 septembre 1995

[12] Treillis et carrelages, couplage SS et gémellations : un nouveau tableau périodique des éléments,

XVe congrès international de biomathématique. Paris, 7, 8, 9 septembre 1995

[13] Rev. intern. Biomathématique Nos 137, 138, 1997

[14] http://www.bib.umontreal.ca/CS/pariseau.htm

[15] http://www.lisulf.quebec/QbInterna4.html

[16] http://www.lisulf.quebec/Panorama.html

[17] http://www.er.uqam.ca/nobel/c3410/QbDictEncycl.html

[18] www.Quebecium.qc.ca

[19] http://www.er.uqam.ca/nobel/c3410/Qb1995,6.html

[20] http://www.econometrics.net/Humor/TGIF041897.htm

[21] http://www.lisulf.quebec/PierreDemersBibl1990-9.html

[22] http://www.archiv.umontreal.ca/exposition/sciences/lortie.htm

[23] http://www.geocities.com/flairck.geo/names/names.html

pcc Pierre Demers, 9 avril 2003-04-09

Avec l'accord des auteurs. N. B. Les auteurs annoncent des révisions à ce texte; je les installerai ici dès qu'elles me seront connues. P. D.. 17 avril, Jeudi Saint 2003

Référence Bibliographie Pierre Demers 2000-2009, 1495)

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